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Sulla Legalità e Sul Legalismo 
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Data iscrizione: sabato 5 gennaio 2008, ore 18:06
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Messaggio Sulla Legalità e Sul Legalismo
Sulla questione della LEGALITA' in linea di principio sembrano tutti d’accordo, per poi dividersi, confrontarsi e persino litigare su contenuti, esercizio concreto e via di seguito. Sviscerandolo in tutte le sue estrinsecazioni debbo, onestamente, rilevare che sull’argomento c’è molta confusione, tanto fumo e poco arrosto, una certa inconsapevole ignoranza e la (purtroppo) solita, abbondante, ipocrisia.
Legalità è, prima di tutto, un concetto che accompagna quella ricerca che l’uomo ha intrapreso sin dai tempi più remoti: la ricerca della verità. La Filosofia nasce come ricerca del sapere, della verità, che si esprime con tutto il suo vigore già nelle convinzioni sofistiche, socratiche, platoniche ed aristoteliche, sempre attuali nel loro essere, autenticamente, ricerca del giusto e del bene. Al pari del relativismo di Protagora, la polemica sofistica con il nichilismo del siciliano Gorgia distrugge il concetto di verità assoluta e mostra come, grazie alla dialettica ed a quell’oratoria che oggi viene accostata alla retorica solo al fine di conferirle una valenza negativa, un discorso o un giudizio cattivo diventa buono e viceversa. Nelle meditazioni di Socrate, di Platone ed Aristotele, al discorso relativistico si contrappone una posizione realista che ritiene l’idea di una cosa ed il linguaggio che le associamo, ciò che ci consente di giungere alla sua verità, quella fattuale ed, in quanto oggettiva, immutabile. Il «cogito ergo sum» cartesiano e la «critica» kantiana aprono la strada ad una nuova impostazione retorico-argomentativa per la quale un ragionamento di tipo inferenziale e la sussistenza della validazione empirica non bastano da soli a condurci ad una verità oggettiva ed immutabile. Il falsificazionismo di Popper ed il contributo di un grande storico della scienza come Kuhn non limitano quanto detto alla sola filosofia, estendolo anche alle scienze e decretando il trionfo della più grande denuncia sui limiti dell’empirismo proveniente proprio dal suo interno, per quella che può essere definita la grande rivincita di David Hume.
Al di là della verifica empirica, la ragione del vero dipende anche dalla plausibilità ed ammissibilità delle relative argomentazioni come dimostra il fallimento del neopositivismo filosofico e delle grandi verità che hanno portato ad una crisi irreversibile le varie ideologie etico-politiche del secolo scorso. L’auspicio, di non facile realizzazione, è quello di una tensione dialettica tra le due posizioni nella consapevolezza che la verità delle cose non coincida con l’assoluta oggettiva razionalità scientifica ma neanche con l’assoluto soggettivismo (intuizionismo) retorico-argomentativo che porta seco il rischio dell’arbitrio. Ed allora la Legge che è generalizzazione ed astrazione, per essere applicata, dev’essere tradotta in via interpretativa dall’attività di una figura, il giudice, che d’accordo con quanto affermava Calamandrei (più di mezzo secolo fa), nel suo compito deve avvicinarsi sempre più alla figura dello storico, nel ricercare le fonti, nell’assegnare un significato temporale all’evento oggetto del giudizio e nel suo essere imparziale (il che non equivale ad essere neutrale perché ognuno è un individuo irripetibile, con la sua storia, le sue esperienze e quant’altro).
Il rispetto del principio di legalità deve mettere nel debito conto la fallibilità di un giudizio chiamato a cogliere una verità che è in continuo movimento. Cio’ che è una verità per noi oggi già domani, magari, non lo è più. Il principio di legalità presuppone un equilibrio tra un giudizio che non dev’essere completamente asservito alle regole né totalmente arbitrario. Ad avviso di chi scrive, il principio di legalità presuppone un giudizio che fa leva, dunque, su una prudenza che si richiama a quella aristotelica del pensiero e non a quella morale, sconfinante nella viltà: è tale la posizione di chi oggi si vanta di essere garantista, a prescindere. Sappiamo, invece, che in alcune fasi storiche garantismo è stato invocare regole certe ed il più possibile limitative dell’arbitrio della magistratura, ma in altre fasi storiche, garantismo è stato anche difendere l’indipendenza e l’autonomia di giudizio del magistrato, allorquando la regola oggettiva altro non era che una chiara imbavagliatura posta dal potere politico. Se è vero che, in alcuni casi, “giustizia ritardata è giustizia negata”, è altrettanto vero che in altri è ragionevole pretendere che l’accertamento della verità sia il frutto di un processo di lettura dei fatti il più possibile attento, meticoloso e rigoroso: il che postula, imprescindibilmente, la pluralità dei gradi di giudizio con il libero confronto dei giudici (per lo più, in un ordinamento come quello nostro, che non è consuetudinario e dove pertanto non può trovare cittadinanza la regola anglosassone del precedente).
Il rispetto ad una norma giuridica è dovuto dalla consapevolezza che essa e l’intero ordinamento giuridico assolvono alla funzione primaria assegnatagli dalla comunità o gruppo che si costituisce a Stato: vale a dire la tutela e composizione (nelle ipotesi di conflittualità) degli interessi dei cittadini, ossia, la pacifica convivenza. In questo senso la Legalità è esclusivamente un concetto ed un principio giuridico. Non voglio qui disquisire sulle concrete applicazioni giuridiche del principio di legalità, nonché su quelle filosofiche e sociologiche (e ne sarei capace): mi limito ad affermare che il suo spirito è quello di arginare abusi proprio di chi detiene il potere di decidere per gli altri in quanto a ciò legittimato, in uno Stato di Diritto Democratico, dal corpo elettorale. Il potere del governante si esercita per legem e sub legem: è la legge che garantisce la pretesa che coloro che subiranno le decisioni dei governanti le osservino, così come è la stessa legge che rende prevedibili e certe le conseguenze dell’agire secondo regole (legittimità). Un comportamento è legale se si conforma “intenzionalmente” alla legge ed in quanto tale è un comportamento valido: ma ciò vale sia per i governati che per i governanti.
Se una norma non è valida, il comportamento che la osserva non è legale sebbene meramente conforme ad esso. Nessuna norma si autolegittima: essa è capace d’essere vincolante solo se espressa da fonti autorizzate e secondo procedimenti previsti. Ecco perché il diritto moderno è un diritto "positivo", in quanto cioè regola la stessa produzione giuridica. Ecco perché la legalità è innanzitutto argine al potere arbitrario ed autolegittimante.
In questo senso un sistema giuridico è virtuoso. In questo senso è virtuoso il comportamento legale. La legalità non è una virtù da potersi vantare in un sistema incentrato sull’abuso ed il sorpruso. Un sistema legale è virtuoso se non si limita alla formulazione normativa di tutela dei diritti e doveri del cittadino, ma consente una prassi governativa (dal centro alla periferia) che assecondi il concreto soddisfacimento di tali diritti e doveri. Quando ciò non è garantito, seppur per cause non riconducibili alla volontà del singolo, di quale cultura della legalità puoi vantarti? Sarebbe meglio abbandonare l’idea di una legalità come virtù in un sistema che vituoso non è. Lasciamo spazio alla ragionevolezza e all’onestà, morale ed intellettuale: è di questo in primis che questo paese ha bisogno. Non m’interessa la legalità come metodo di governo, ma la legalità come principio pratico. Il primato del diritto non può essere un valore individuale, bensì collettivo allorquando è condiviso e diffuso nel gruppo inteso come comunità: sarebbe bene ricordarcelo sempre. In questo senso diventa più difficile per tutti ignorare la differenza tra l’essere obbligati e l’avere un obbligo secondo legge.
La legge non ammette deroghe e chi osserva una legge non fa male a seguirla: ciò è pacifico. Moralmente è un altro discorso che non voglio in questo caso dilatare: in quanto semplicemente irrilevante in questo caso. Giuridicamente, il punto discriminante tra legalità e legalismo non s’indentifica nel seguire una regola, ma nel modo, nel come la si osserva. Se non puoi accusare qualcuno di aver fatto male a seguire una procedura, puoi accusarlo di aver osservato male quella procedura? O no? Soprattutto, l’errore procedurale è solo di tipo formale? No! Esso può essere di tipo sostanziale nel momento in cui si esprime, per così dire, in un eccesso di zelo (o presunto tale).
Provo solo sdegno verso quei "paladini della legalità" che si atteggiano a tali perché osservano in modo ferreo le procedure e le regole. C’è un principo di buon andamento oltre che d’imparzialità della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 della Costituzione: o ce ne siamo dimenticati? Prima di chiedere ai cittadini di rispettare le istituzioni, bisognerebbe farle funzionare, non dico in maniera eccellente, perlomeno in maniera decente. E poi quel nobile concetto della politica, dov’è? Che facciamo, ci nascondiamo dietro il rispetto delle regole? Quale "politico illuminato" avrà mai il coraggio di denunciare che siamo fuori dai binari a causa di una eccesso di caricatura?
Il mito della conformità alla legge è il LEGALISMO: cosa ben diversa dalla legalità. Nel legalismo la legge diventa il criterio unico e finale della giustizia della propria condotta, secondo un ragionamento del tipo io sono nel giusto perché seguo la regola, non m’interessa altro; anzi proprio per questo motivo, sono quasi un eroe.
Il ritenere di agire giustamente per il sol fatto di seguire una regola manda a benedire lo spirito di una legge, limitandosi solo alla sua lettera: non c’è più virtù, ma sempre più un vizio. Non mi riferisco tanto al legalismo ingenuo, spontaneo, del privato cittadino, scarsamente influenzante la vita pubblica; quanto piuttosto a quello indotto, artefatto, che si nutre del primo così come della illegalità imperante, strumentalizzandoli ai fini di un vantaggio sistematico. S’è annidata sempre più l’idea che regole e leggi servano da sole a risolvere tutti i problemi, abbandonando la scienza della politica. Un vezzo che si consolida ancora, ulteriormente, proprio nel bagaglio culturale di chi era chiamato a difendere e tutelare quei ceti più deboli che oggi, sono apparentemente non più sottomessi o subalterni. E’ questo il punto fondamentale su cui deve focalizzarsi l’educazione alla legalità: non limitarsi a puntare il dito sulla disonestà, ma stimolare, incentivare, premiare la correttezza e l’onestà.
A scuola, terreno privilegiato dell’educazione, occorre eliminare il falso pregiudizio che non si debba agire per utilità: questa visione-illusione rende incongrua la relazione dei giovani con la realtà (cioè quello che “succede in giro”). Occorre invece puntare sull’utilità del comportamento legale, con fatti, esempi vissuti e non parole. A farsene una ragione ed una convinzione dev’essere poi l’interlocutore (l’allievo nel rapporto col corpo docente, ovvero il cittadino nel rapporto con le istituzioni). Basta con la cultura dell’eroismo anti-criminale (alter-ego del pacifismo agnostico) bello e fine a se stesso nonchè facile catalizzatore di quell’applauso generale, tanto fragoroso nel suo esprimersi quanto celere nel suo dissiparsi: uomini imperfetti sono diventati eroi perché hanno creduto fino alla morte che legalità non è legalismo, legalità è un valore e non semplice rispetto delle regole (vuoto formalismo). Gli uomini imperfetti, come natura ci ha creati, sono capaci di elevarsi e contraddistinguersi per la propria onestà: vale a dire la consapevolezza delle proprie vittorie e dei propri fallimenti. Occorrono educatori, in definitiva, che educano all’esperienza: altrimenti l’affermazione “Educare alla legalità” si riduce all’essere una banalità. Bisogna educare alla conoscenza della legge fondamentale, dei principi e degli istituti fondamentali consacrati dai vari codici e via discorrendo affinchè ciascuno, sulla base delle proprie esperienze, impari a rispettare od obiettare un dettato, un disposto, senza conformarvisi automaticamente. Bisogna educare ai punti interrogativi più che a quelli esclamativi.
Alla fame di legalità, si deve rispondere con ragionevolezza: il chè non è solo razionalità asettica, ma anche e principalmente esperienza. Moralizzare la vita pubblica in nome del solo rispetto alla legge non basta: gli esempi si sprecherebbero.

pubblicato su Neteditor in data 13/12/2005

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ma sei parente di laura77 ????

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:shock:
Ti ha dato l'indirizzo di questo forum Laura scommetto... Approposito, al prossimo meting potete dire a Laura che su internet si scrive in minuscolo :lol:
Saluti.


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Avvolte ho spesso mi viene da pensare, meno male chi un capisciu nenti, (é un casinu). :shock: :shock: :shock:

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Messaggio Re: Sulla Legalità e Sul Legalismo
ghelaspolis ha scritto:
Al pari del relativismo di Protagora, la polemica sofistica con il nichilismo del siciliano Gorgia distrugge il concetto di verità assoluta e mostra come, grazie alla dialettica ed a quell’oratoria che oggi viene accostata alla retorica solo al fine di conferirle una valenza negativa, un discorso o un giudizio cattivo diventa buono e viceversa.
Mi sta pigghiannu ppo culu?? :roll:


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Datti all'ippica! :D

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:shock: :shock: :shock: Ma cu si Mandrake? :shock: :shock: :shock:

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(Giobbe Covatta)


domenica 6 gennaio 2008, ore 14:46
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Messaggio Re: Sulla Legalità e Sul Legalismo
rCiccio ha scritto:
ghelaspolis ha scritto:
Al pari del relativismo di Protagora, la polemica sofistica con il nichilismo del siciliano Gorgia distrugge il concetto di verità assoluta e mostra come, grazie alla dialettica ed a quell’oratoria che oggi viene accostata alla retorica solo al fine di conferirle una valenza negativa, un discorso o un giudizio cattivo diventa buono e viceversa.
Mi sta pigghiannu ppo culu?? :roll:


Non lo so... ma io di ste 4 righe non ci ho capito una mazza...


domenica 6 gennaio 2008, ore 16:53
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:shock: ma era una lezione per noi o vuoi sapere il significato di quello che hai riportato :?: :? :wink: ?

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domenica 6 gennaio 2008, ore 18:33
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Non so se ti sei parlato addosso... se hai fatto qualche copia-incolla.... o semplicemente volevi far colpo!!!

Ho anch'io un frase astrusa e senza senso: "La volontà divina implica concettualmente la decisa e forzata occupazione terrena invadendo, concordamente alle decisioni passate, il territorio di tutti i nostri coetanei!!!"


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domenica 6 gennaio 2008, ore 19:34
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legalità e "legalismo" non sono nientaltro che il rispetto delle regole scritte, cioè delle leggi.
Io penso che se vuoi intavolare una discussione più filosofica dovremmo parlare piuttosto di etica, ma senza fare copia e incolla da qualche enciclopedia on line.

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domenica 6 gennaio 2008, ore 19:40
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Giuro che non lo conosco!
Mica male pero'!

1) La legalità è innanzitutto argine al potere arbitrario ed autolegittimante.

2) Lo spirito del principio di legalità è quello di arginare abusi proprio di chi detiene il potere di decidere per gli altri in quanto a ciò legittimato, in uno Stato di Diritto Democratico, dal corpo elettorale.

3) La legalità non è una virtù da potersi vantare in un sistema incentrato sull’abuso ed il sorpruso. Un sistema legale è virtuoso se non si limita alla formulazione normativa di tutela dei diritti e doveri del cittadino, ma consente una prassi governativa (dal centro alla periferia) che assecondi il concreto soddisfacimento di tali diritti e doveri. Quando ciò non è garantito, seppur per cause non riconducibili alla volontà del singolo, di quale cultura della legalità puoi vantarti?

Guardate anche l'indirizzo che ha lasciato: un tale Scaruffi sembra interessantissimo!
NB: naturalmente l'invito non è rivolto ai pigri e agli arancinman!

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Per contatti:

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domenica 6 gennaio 2008, ore 19:57
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LAURA77 ha scritto:
Giuro che non lo conosco!
Mica male pero'!

1) La legalità è innanzitutto argine al potere arbitrario ed autolegittimante.

2) Lo spirito del principio di legalità è quello di arginare abusi proprio di chi detiene il potere di decidere per gli altri in quanto a ciò legittimato, in uno Stato di Diritto Democratico, dal corpo elettorale.

3) La legalità non è una virtù da potersi vantare in un sistema incentrato sull’abuso ed il sorpruso. Un sistema legale è virtuoso se non si limita alla formulazione normativa di tutela dei diritti e doveri del cittadino, ma consente una prassi governativa (dal centro alla periferia) che assecondi il concreto soddisfacimento di tali diritti e doveri. Quando ciò non è garantito, seppur per cause non riconducibili alla volontà del singolo, di quale cultura della legalità puoi vantarti?

Guardate anche l'indirizzo che ha lasciato: un tale Scaruffi sembra interessantissimo!
NB: naturalmente l'invito non è rivolto ai pigri e agli arancinman!


Mamma mia... penso tu sia l'unica che si sia letta tutto il post del tipo qui sopra...Complimenti, condivido il sunto sui principi estrapolati che sono condivisibili. Vedo che fai progressi, peccato per il rosa...


domenica 6 gennaio 2008, ore 20:06
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Sono d'accordo con te, LAURA77, anche se, potendo, sceglierei un linguaggio più... ehm... "volgarius" :wink:

Ma il tuo gusto per la precisione e per i dettagli mi piace molto.

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lunedì 7 gennaio 2008, ore 18:55
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Essendo la prima volta in questa forum, per correttezza cerco di rispondere a tutti.

x irnerio: Non sei un buon scommetitore. L'indirizzo non me l'ha dato Laura77 che non conosco.

x max: Non li so fare gli arancini.

x rciccio: No. Un ti ste pigghiannu ppo culu!

x jack sparrow: L'ippica? Unn è cosa mia.

x gerry 68: No. Un sugnu Mandrake.

x kpaxv.1: chissà, forse è meglio così.

x didi79: Non era una lezione per voi e non ti nascondo che sono curioso di sapere il significato di quello che ho riportato: potresti spiegarmelo? Ad ogni modo, volevo solo intavolare una discussione sull'argomento, senza bisogno di fare un preambolo, una sorta di premessa per palesare quest'intenzione. Del resto, mi sembra che nei forums, per creare un nuovo argomento su cui discutere basta inserire un nuovo topic ed è semplicemente quello che ho fatto.

x Albus: Una frase è astrusa se dietro un linguaggio "oscuro" cela un significato, più o meno, recondito: è, di conseguenza, dotata comunque di senso.

x Laura77: Per caso, alludi allo "pseudo critico musicale" nonchè "pseudo-libero pensatore" Piero Scaruffi?

x francesco: legalità non è legalismo e nella "città della legalità" è bene saperlo. La legalità è il primato della legge: storicamente segna il graduale passaggio dalla sovranità monarchica a quello popolare. La legge rappresenta il popolo e ad essa devono uniformavisi tutti (compresi attuali re e presidenti repubblicani). Il legalismo è semplice rispetto delle regole a prescindere da ogni altra considerazione. Se uno come Hitler o Stalin ha in mano il potere, il legalismo può giustificarlo, la legalità no (per le considerazioni di cui sopra). Il legalismo è la deriva della legalità e della democrazia: perchè appiattimento culturale. Il legalismo impone il rispetto della legge, anche se questa ti dice di inquadrarti secondo le regole del cameratismo, come nel fascismo mussoliniano ("obbligo per legge"). La legalità presuppone un rispetto volontario e spontaneo del cittadino alla legge ("obbligo secondo legge"). Mi infastidisce l'allusione che hai fatto sul copia ed incolla, ma voglio lasciare perdere. Mi limito a dire che chi ha una certa familiarità con questa pratica non lascia certo come firma a margine l'url di un blog in cui è visibile il proprio nome e cognome. Quello che ho scritto nel post è tutta farina del mio sacco e di filosofico c'è solo il richiamo iniziale. Sicuramente non troverai da nessuna enciclopedia la frase "l'etica non esiste": ma è quello che, fondamentalmente, penso. L'etica, in quanto disciplina intendo, è una delle più grosse stronzate inventate dall'uomo. L'etica è pura immaginazione. Etico è, semmai, solo un aggettivo che puoi utilizzare nel qualificare, per fare un esempio, un ambientalista ovvero qualsiasi cittadino intento a rispettare l'ambiente. Nulla di più.
Molto più importante è l'educazione civica: quella che a scuola non insegnano per evidente ed imbarazzante impreparazione del corpo insegnante.


saluti a tutti.

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lunedì 7 gennaio 2008, ore 19:34
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