Lo Sapevate Che?

La presenza del vino a Gela fin dalle antichità, è dimostrata dal ritrovamento del relitto di una nave greca risalente al V secolo a.C., nave del tipo che Omero decanta nella Iliade. La nave trasportava un carico di merce pregiata ed le cosiddette anfore chiote contenenti il vino di Chio tanto decantato dai poeti greci.
Nella seconda metà del IV secolo a.C., Gela raggiunge la maggiore floridezza e la presenza del Vino si nota ancora di più; lo dimostra il ritrovamento, venuto alla luce negli anni cinquanta, di un locale a pianta rettangolare, con due vani, dei quali uno fungeva da cella vinaria, infatti era piena di anfore per la conservazione dei vini.

 

 

Le anfore ritrovate nel relitto greco-arcaico del V secolo
Piatto di portata per il pesce fondo nero, figure rosse
Ricetta di Archestrato tratta dal suo poema " Hedypàtheia"


 

 

 

La produzione vitivinicola a Gela

La presenza della nave adagiata sui fondali con il suo carico di anfore attesta come il commercio di vino ed olio con la madre patria fosse florido e fiorente. E proprio di vino si occupò Archestrato il primo scrittore (IV sec. a.C.), che dell’arte gastronomica abbia fatto argomento di versi in un poema intitolato “Hedypàtheia” (le delizie della vita). Nel suo poema Archestrato racconta come abbia percorso tutta la terra e tutti i mari per conoscere quali siano le migliori vivande e i vini più pregiati.

A suo parere, l’uomo saggio che non voleva incorrere nell’ira degli Dei doveva provvedersi di cibi a peso d’oro, ricorrendo anche al furto e rischiando persino la morte.Si crede che alcune delle attuali ricette gelesi, soprattutto quelle marinare, risalgano a quell' epoca. Affonda nella storia precristiana, trovando conferma nei racconti di Tucidide, la tradizione secondo cui il principe di vini e vitigni siciliani, coltivato nella tradizionale forma ad alberello, abbia trovato humus in un territorio particolare: la piana di Gela dove le terre argillose e fertili dell'entroterra del golfo, lambite dal fiume Gela e dal lago Biviere, le contrade Medica – Rizzuto – Passo di Piazza, hanno da sempre affiancato i loro nomi a quelli del vitigno più pregiato il cosi definito vite di nero d’Avola.

Le terre argillose e fertili dell'entroterra del golfo di Gela ben si prestano a fare del nero d’Avola uno dei più nobili vini siciliani. La fertilità e la qualità della terra favoriscono la coltivazione di uve a bacca nera, offrendo, insieme alle escursioni termiche, tipiche del golfo, condizioni ideali perché questo vitigno possa esprimersi al meglio nel suo carattere tannico e sapido. La vendemmia avviene manualmente, in cassette, a perfetta maturazione. Nella nostra città si coltiva fin dai tempi dei greci questo vitigno che oggi viene denominato nero d’Avola o calabrese.

Il migliore Nero d'Avola proviene, esclusivamente, da forme di coltivazione ad alberello, disciplinato da regolari potature, a regime produttivo unitario ridotto sino alla "sconvenienza". I vigneti sono coltivati nella piana che, dal sud-est di Gela dolcemente sale verso Niscemi, in determinate aree a carattere pedologico appositamente scelte nella Sicilia Sud-orientale, ove il clima è particolarmente siccitoso e caldo. Queste sono le zone a più alto potenziale per i rossi di struttura, per via dei loro terreni fortemente calcarei. I vitigni che principalmente vengono coltivati nella zona che va da Gela a Ragusa, sono: il Nerello Mascalese, il Nero D'Avola ed il Frappato; quest'ultimo di sicura provenienza spagnola, coltivato ad alberello fino al secolo XVII.

Copyright@2009- Produzione di vino a Gela- Web Designer 2009-Stage Ciofs Fp Gela-TecnofornitureItalia S.a.s