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ryoga ha scritto:
halloween in blu


e xkè lo hai scritto ARANCIONE? :roll:

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madòò fantasia !

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LE ZUCCHE DI OGNISSANTI

Angela aveva dei vicini di casa molto silenziosi.Non si vedevano mai, sapeva della loro esistenza solo perché talvolta si affacciavano a bere il loro the scuro e fumante.
In tutto erano solo tre ragazzi: due femmine e un maschio. E lo furono per parecchio tempo o meglio finché una delle ragazze non svanì. Nel nulla, proprio nel nulla. Venne la polizia, li interrogò entrambi, ma non ne cavò niente: alibi inconfutabili e nessun movente.
Era accaduto la sera della vigilia di Ognissanti.
La mattina dopo Angela aveva trovato sui loro scalini due bellissime zucche arancioni intagliate con la classica boccaccia scura e dentellata, e con una candela dentro che spandeva tutt’attorno una breve luce.
Il giorno era davvero molto nuvoloso e le zucche contro la parete di pietra della casa sembravano tanto più splendenti.

Erick ed Anne non credevano fosse una buona cosa festeggiare Ognissanti quell’anno: esattamente la stessa sera di dodici mesi prima, la loro amica Ira era svanita nel nulla proprio andando a cercare delle zucche per la vigilia.
Ma, si dissero che il modo migliore per esorcizzare la paura fosse quello di andare proprio a cogliere quelle zucche.
Il campo dove crescevano stranamente incolte era a nord del paese. Loro, che erano tedeschi, non avevano mai ben capito certi atteggiamenti così assurdi degli italiani: perché lasciare terreni incolti appena dietro il paese? Non aveva senso.
A parte questo, il posto era davvero insolito. Infatti nei terreni attorno a questo campo più piccolo con le zucche, c’erano delle buone coltivazioni e il terreno era molto fertile, chissà perché lasciare quel fazzoletto di terra con le zucche così vuoto. Forse, avevano dedotto alla fine, era un territorio dello stato che poteva avere addirittura dimenticato di possederlo lasciandolo perciò inselvatichire.
Questa volta in due, si avviarono nel plumbeo pomeriggio del 31 ottobre a cogliere queste due zucche.
Erano le cinque del pomeriggio, tirava un forte vento e non passava nessuno.
Anne strinse forte la mano di Erick, non riusciva a parlare per l’angoscia. Era dal momento in cui avevano messo piede in quello strano campo arancione che aveva i brividi.
Sapeva che non dovevano essere lì.
“Erick andiamo via, io ho paura”, gli sussurrò in italiano.
“Ma smettila!”, replicò lui in tedesco.
Anne allora si guardò attorno e notò che le zucche erano sparse un po’ ovunque, scomposte al suolo, come abbandonate, e che erano unite dai loro tralci verdastri, ma prive di ogni perizia agricola. Erano cresciute selvaticamente ed incomprensibilmente dato che quello non era terreno da zucche.
“Se i nonni ti vedessero adesso, sai quante risate si farebbero?”, continuò lui ridacchiando.
Anne ebbe fulmine la visione del glorioso nonno Von Larck, eroe della seconda guerra mondiale pluridecorato al valore. Era un’immagine quella, che le si era stampata nella mente durante l’infanzia quando quell’enorme quadro che lo raffigurava era appeso nella grande villa di campagna della sua famiglia.
Lei, Ira ed Erick si erano conosciuti proprio perché i loro tre nonni erano stati molto amici durante la seconda guerra mondiale. Avevano combattuto in Italia nello stesso reggimento, esattamente dalle parti in cui loro abitavano in quel momento. Purtroppo di loro non era tornato che il nonno di Anne, in preda ad un’assurda frenesia.
Non era stata una bella guerra, ma lui tanto fece e tanto raccontò che sia a lui che ai suoi due amici defunti conferirono una medaglia al valore.
Poi le tre vedove s’incontrarono e i loro tre figli crebbero insieme. Ognuno di loro ebbe a sua volta ebbe un solo figlio, Ira, Erick ed Anne, e decisero che dovevano crescere anche loro come fratelli.
Quindi una volta cresciuti, ad Ira era venuta l’idea di passare qualche tempo in Italia proprio nel posto dove i loro nonni avevano così gloriosamente combattuto; così si erano ritrovati ad abitare in un appartamento nel mezzo di un bel borgo medievale.
Ira era scomparsa e loro cercavano le zucche.
Ad un tratto, mentre saggiavano la consistenza di qualcuna, Erick gridò un’esclamazione in tedesco e indicò ad Anne una fila di dieci zucche bellissime sotto un noce su di una piccola altura lì vicino.
Correndo tra i tralci arrivarono fin lì e pensarono che quelle dieci zucche fossero davvero belle: grandi, sode, mature e di un arancione acceso ai limiti dello sgargiante. Se ne stavano tutte e dieci in fila perfetta sotto questo noce da cui cadevano tante foglie rosse, come gocce di sangue. Se fosse stata una coltivazione, avrebbero detto che dovevano essere di una qualità di gran lunga superiore a tutte le altre.
“Prendiamo due di queste”, disse Erick.
Anne annuì un po’ sollevata: avevano trovato le zucche e non era ancora sera, potevano stare tranquilli dopotutto.
Con i coltelli portati da casa ne staccarono le due più grosse dal terreno e se le misero in braccio. Poi, mentre stavano per andar via, Anne notò un riflesso in controluce provenire tra le pieghe della corteccia del noce. Si avvicinò e con una mano pulì la macchia splendente coperta dal muschio che le era parso di vedere. Sembrava una targa dorata.
“Cosa c’è Anne?”, domandò Erick tornando indietro.
“Aspetta un attimo. Qui c’è scritto qualcosa. Mi pare che sia una targa di commemorazione. Dice che…dice che nell’Ottobre del ’44 c’è una battaglia tremenda tra i tedeschi in ritirata e i partigiani. I partigiani furono massacrati e per giorni i loro corpi rimasero insepolti su questo campo. Sotto questo albero i tedeschi fucilarono i dieci capi partigiani una volta vinto e…”
Anne si interruppe e soffocò a malapena un grido. “Cosa c’è adesso Anne?”, chiese Erick esasperato.
Anne indicò tre nomi sotto la targa.
“Il massacro fu compiuto ad opera di…”
Anche Erick si fermò per deglutire, una foglia rossastra gli si poggiò sulla mano. Non riuscì a pronunciare quei tre nomi.
Piuttosto stava per dire ad Anne di andarsene, quando i tralci della zucca che aveva tra le braccia gli si strinsero ai polsi, come se avessero preso improvvisamente vita.
Imprecò in lingua e guardò terrorizzato Anne. La vide combattere disperatamente con i tralci animati della sua zucca. Gridò il suo nome prima di scorgerne molti altri uscire dal suolo come alti serpenti per cingerle le caviglie, la vita e il collo.
La terra tra le zucche in fila indiana si aprì, ritirandosi come le acque del mar Morto, e lei venne inghiottita senza nemmeno un grido per colpa di una foglia che le si era infilata in bocca di traverso.
Questa fu l’ultima cosa che Erick vide con chiarezza, poi il respiro gli mancò e con lui la terra sotto i piedi. Decine di tralci lo avvolsero e sprofondò, tra le dieci bellissime zucche.

Angela quella mattina di Ognissanti tornava da una festa col suo borsone rosso. Sperò che anche quell’anno i vicini tedeschi avessero acceso le zucche sugli scalini di pietra della casa.
Rimase felicemente sorpresa quando, tutte attorno al muro del loro appartamento, trovò dieci zucche incredibilmente belle, tutte intagliate e tutte con una candela splendente dentro che spandeva tutt’attorno una breve luce.

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Smoking Bianco ha scritto:
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ryoga ha scritto:
Smoking Bianco ha scritto:
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e poi ho lasciato lo spazio tra il PUH e il proseguo apposta... :-J

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L'ANGELO DELLA SALVEZZA


“ca**o! Oggi non me ne va una giusta, già sono in ritardo, mancava solo questo maledetto traffico!” esclama innervosito Giorgio travestito da Gomez “Mi burleranno anche oggi!” afferma rassegnato. “Se non riesco a venirne fuori, addio festa! Proprio questa sera che avevo davvero intenzione di divertirmi!” Mentre Giorgio dà libero sfogo alla sua rabbia, il traffico inizia a scorrere, sempre più velocemente, fino a che, sgombra la strada gli permette di accelerare. Nel buio della sera l’alta velocità, l’asfalto bagnato fanno perdere a Giorgio il controllo della vettura su cui viaggia. Alla Fine di una curva l’auto sbanda, sbatte contro un palo della luce ribaltandosi su se stessa più volte, fino a schiantarsi contro un grosso albero in fondo ad un burrone. La festa è animata, gli amici di Giorgio si divertono, mascherati da scheletri, streghe, vampiri, zombi, folletti dispettosi, angeli della morte ecc.. si insultano, scambiandosi a vicenda sguardi arcigni, urla e ghigni. Bussano alla porta. Apertala, Giulio grida agli amici “Ehi, ragazziiii.. il solito ritardatario è appena arrivato!” “ Ti aspettavo caro, non arrivavi più!” Si fa avanti, imbronciata Laila, travestita da Morticia. “Eccomi, sono tutto tuo!” Giorgio la consola, prendendola sotto il braccio.. “Andiamo a vedere, cosa fanno i nostri due malvagi bambini cara!” Continua Giorgio, sostenendo il gioco della famiglia Adams iniziato da Laila. Ottimo consiglio, mio dolce Gomez!” risponde Laila, perdonatolo. I due si allontanano dal gruppo, si appartano. Alla luce della luna piena si baciano e si dichiarano. Altri seduti al tavolo in cucina, a lume di candele disposte nelle varie zucche, svuotate come vuole la tradizione, giocano a carte con Martina, travestita da medium. Mescolate, disposte sul tavolo, Martina per finta evoca i morti. Giorgio a sentirla, avverte un senso di fastidio, preso per mano Laila si allontana.
Bussano di nuovo alla porta, i ragazzi eccitati, corrono, pensano che sia un altro ritardatario e scoprono invece la triste e brutta notizia. “Siamo della polizia, scusate l’intrusione ragazzi, ma noi abbiamo domande da porvi!” Comunica il commissario. “Riguardo a che cosa, signor commissario!” Chiede Mirko proprietario della villa. “Ad un certo Giorgio Granelli!” “Il nostro amico!” “Era vostro amico quindi!” “Era? È nostro amico, se mi dice cos’è che vuole da lui, lo chiamo, è di la con gli amici che si diverte!” “Ne sei sicuro?” “Sicurissimo, entri, lo constaterà da se!” Il commissario entra, seguito da due poliziotti, tra la folla di giovani mascherati, cercano Giorgio mascherato da Gomez, ma di lui non si hanno tracce. “Mi avevate detto che era qui!” Sostiene il commissario. “Si, era qui pochi minuti fa, era in compagnia di Laila, chiedete a lei!” Il commissario chiede a Laila notizie di Giorgio, ma ella risponde di averlo visto allontanarsi poco prima della loro venuta. Il commissario avuto la conferma che Giorgio era un loro amico e che mascherato quivi era diretto, annuncia ai ragazzi la morte del loro caro amico avvenuta in un incidente d’auto mentre era diretto ad una festa di Halloween. I ragazzi sgomenti replicano: “Non può essere possibile, era con noi pochi minuti fa!” Laila disperata piange, dicendo:“Gli ho parlato, insieme abbiamo riso, scherzato, ci siamo persino baciati, dichiarati finalmente!” “E’ vero” rispondono gli altri. “Sapreste dirmi più o meno che ora fossero?” chiede il commissario. “Circa le ventitrè !” risponde Giulio. “Mi spiace ragazzi, ma l’incidente è avvenuto prima, all’incirca alle ventidue, e l’ora del decesso è stata confermata dal medico legale. Siamo venuti da voi perché abbiamo trovato in macchina l’invito della festa, con sotto l’indirizzo e il numero civico in cui si teneva.!” “I genitori di Giorgio sono stati già avvisati della disgrazia?” chiede Stefano ai poliziotti. “Si, sono all’obitorio per l’identificazione!” risponde il commissario. La festa finisce all’istante, i ragazzi spaventati, confusi, tristi fanno ritorno alle rispettive case, guidando con molta prudenza.. I genitori di Giorgio siedono su di una panchina distrutti dal dolore, piangono la morte del figlio senza voler essere confortati. Giorgio in fondo al parco della villa, vede gli amici andare via, spegnere le luci, si fa avanti per capirne la ragione, li chiama, ma nessuno gli risponde, è come se non lo vedessero. Segue Mirko in camera sua, lo sente piangere, disperarsi per l’improvvisa morte di lui. Giorgio non crede alle sue orecchie, gli si avvicina dicendo: “ Non è vero, non devi piangere, io sono qui Mirko, dinanzi a te, toccami e sentirai che sono vivo come te!” Ma Mirko non lo sente, continua a sfogare la sua pena piangendo. Pazzo di dolore Giorgio va via dalla villa, vaga per le strade, ripercorre la strada, per cercare di ricordare, cammina, al centro di essa, le macchine lo investono senza causargli nessun danno. Arrivato sul posto, vede la sua macchina in fondo al burrone, capisce di essere stato vittima di un incidente, ma non vuole credere di esserne rimasto ucciso. Crede di essere rimasto ferito, di trovarsi in gravi condizioni in ospedale, prigioniero del coma. “Ed è per questo che gli amici non mi vedono, non sentono!” si ripete per convincersi. “Devo svegliarmi assolutamente, i miei amici soffrono, devo tornare da loro, non posso rimanere in un letto d’ospedale legato a dei macchinari. Sono giovane, ho tutta una vita davanti a me e moltissimo tempo ancora da spendere. I miei genitori saranno in pensiero, devo andare da loro!” Si reca in ospedale, gira per i vari reparti , ma del suo corpo non trova tracce. Lungo un corridoio incontra l’angelo della morte che gli dice: Cos’è che cerchi?” “Il mio corpo!” “Perché lo cerchi tra i vivi, tu che sei morto?” “Io non sono morto, sono ancora vivo, lo volete capire si o no!” “Fidati di me, io sono l’angelo della morte, ti ho fatto visita prima che morissi per avvisarti, non ricordi?” “Non è vero, non eri tu, era il mio amico Stefano che si divertiva a spaventarmi, dato che eravamo insieme alla festa di Halloween!” “Prima ti convinci e meglio è per te amico!” Giorgio fugge dal reparto, giù nell’atrio dell’ospedale vede i genitori che piangono, si disperano per la sua morte. Li guarda sconvolto, attraversa la porta chiusa dell’obitorio e si scopre cadavere etichettato su di un tavolo. Come gli amici e i genitori piange disperato la sua morte prematura. Non vuole andare via dal suo mondo, l’altro lo spaventa, è solo, non sa cosa fare. Poi si ricorda di Martina, delle carte, il senso di fastidio avvertito quando ella per finta evocava i morti. Torna indietro, ripercorre i vari reparti in cerca dell’angelo della morte, cerca aiuto, solo costui può darglielo “Finalmente ti ho trovato, ti prego di aiutarmi, non so come fare per poter comunicare con i miei amici e genitori!” prosegue “E pensare che poche ore fa, mi hanno veduto, parlato con me, perché ora non accade?” “Perché non ancora spiravi, e il tuo ultimo desiderio veniva esaudito prima della mia venuta!” poi continua “E’ cosi per tutti, ora sta a te decidere cosa fare riguardo alla tua nuova vita!” “Voglio rimanere sospeso tra la terra e il cielo, vivere tra i due mondi per sentirmi vicino sia all’uno che all’altro!” “Allora guarda me ed impara!” Avute diverse dimostrazioni, Giorgio impara a comunicare con i vivi. Si reca a casa di Laila, riuscito finalmente a farsi sentire, la convince ad accompagnarlo da Martina. Le due ragazze dispongono le carte sul tavolo e dopo aver pronunciato formule magiche, interrogano Giorgio, che spostatele con la sola forza del pensiero, inizia a comunicare, dicendo: “Mi spiace avervi lasciato così presto, è accaduto tutto in una breve frazioni di secondo, da non rendermene conto fino a che non mi sono visto cadavere all’obitorio. Desideravo davvero divertirmi quella sera al festa, ma tutto è andato storto sin dall’inizio. Ero già molto in ritardo e quando ho avuto dinanzi a me libera strada, ho accelerato perché vi giungessi. Vorrò essere l’angelo della salvezza, proteggerò i giovani dagli incidenti stradali, renderò lucide le loro menti annebbiate e guiderò le loro mani durante il percorso prima e dopo le feste, li sorveglierò durante le feste e con loro mi divertirò anch’io, il vostro Giorgio!”
È di nuovo Halloween, Giorgio è lì nella villa che si diverte con i suoi amici.

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questa era bella :D


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1,2,3, FREDDY STA ARRIVANDO DA TE.......

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4,5,6 LUI TI TROVA OVUNQUE SEI

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7,8,9, CHI LEGGE E' UN COGLIO*E :twisted: :asd:

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Smoking Bianco ha scritto:
7,8,9, CHI LEGGE E' UN COGLIO*E :twisted: :asd:



:D :D NON mi ricordavo che finisse cosi :D :D :D

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mercoledì 29 ottobre 2008, ore 7:30
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Caravigghiaro ha scritto:
4,5,6 LUI TI TROVA OVUNQUE SEI



4-5-6 dimmi dove sei :twisted:

7-8-9 freddy.....nn me la ricordo :roll:

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è iniziato tutto nel silenzio e finirà nella stessa maniera...in silenzio...anche se le grida,le urla saranno solo dentro...


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IO NON FESTEGGIO HALLOWEEN


Sono trascorsi sei anni, ma ricordo ancora.
Fu davvero straziante ciò che si presentò alla vista dei soccorritori dopo l’incendio.
La vecchia “Derek’s Coffins”, la fabbrica delle bare che serviva tutta la Contea, bruciò violentemente in pochissime ore senza dare la possibilità d’intervenire ad alcuna squadra di vigili del fuoco.
Dentro era pieno di segatura e trucioli sparsi.
L’ambiente era da sempre disordinato, con le bare ammonticchiate, le une sulle altre, vicino alle cataste di assi da lavorare con la sega circolare e con la pialla elettrica.
Il buon Booth, lo Sceriffo, aveva spesso rimproverato il signor Derek affinché provvedesse ad una maggiore pulizia dell’ambiente e ad un maggiore ordine.
Per la sicurezza, diceva.
Riceveva degli assensi cortesi, ma infastiditi, e i due ragazzi alle prese con la sega e la piallatrice continuavano imperterriti a fumare le loro sigarette fatte a mano davanti al loro principale che masticava, peraltro, il suo immenso sigaro cubano.
L’incendio rimosse ogni rimandare incenerendo tutto come stoppia.
Il bancone di lavoro fu ritrovato carbonizzato, rovesciato con tutti gli utensili sparsi intorno, abbrustoliti, nerastri o lucidi di fiamma.
Il coroner esaminò i corpi dei due ragazzi e del signor Derek.
Avevano cercato di fuggire tra le fiamme e il fumo denso che li accecava, ma non avevano fatto in tempo.
Non fu dato di sapere più alcun particolare: il medico legale fece una faccia scura e sibillina e si abbottonò per sempre sull’argomento.
Patirono di sicuro una morte orribile, ma forse anche misericordiosa, nel morso atroce del fuoco, ma anche in un soffocamento velocissimo per il fumo acre e spesso.
Nessuno ebbe modo di osservare i tre cadaveri.
Dopo poco tempo non se ne parlò più, per pudore ed orrore.
Neanche quando otto mesi dopo, all’ultima sera d’ottobre, ad Halloween, morì lo Sceriffo nel rogo della sua casa.
Il suo corpo non fu mai più ritrovato e l’evento terribile fu attribuito ad un corto circuito che aveva avuto buon gioco sulla vecchia casa di legno.
Io, invece, m’insospettii per qualcosa che sentii dire in giro.
Si vociferava di tre bambini che giravano per le case, intabarrati fino ai piedi da brandelli scuri bruciati.
La vecchia signora Higgins affermò che dalla finestra aveva visto che indossavano delle maschere scurissime, quasi nere, davvero spaventose, e che camminavano con un’andatura strana ballonzolante, anche se non poteva scorgere i loro piedi coperti da quegli orribili stracci.
S’affacciò dopo il loro passaggio e percepì un disgustoso odore di carne bruciata.
Da allora in poi, ogni anno, la sera di Halloween, una casa del paese brucia sempre inspiegabilmente insieme ai grandi fuochi della festa e non si riesce a recuperare la o le vittime del rogo.
Qualcuno dice di avere scorto gironzolare tre ragazzini mascherati, tutti in nero, che gridano contro le case illuminate il loro classico “Dolcetto o scherzetto” con innaturali voci cavernose…
E’ per questo motivo che in prossimità di ogni Halloween, dalla morte di sei anni fa dello Sceriffo Booth, diffidente come sono e con la mia sensibilità molto ricettiva, parto verso la fine di ottobre e ritorno dopo la festa dei morti.
Quei tre bambini mi puzzano tanto di spiriti adulti affamati e vendicativi, morti bruciati vivi in un denso fumo nero, con le gambe tranciate da una sega circolare impazzita di una fabbrica di bare andata a fuoco molto tempo fa…

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