Nessuna delle fonti antiche ricorda il porto di Gela, eppure è davvero strano che la città antica non avesse avuto almeno un luogo di approdo.
Oggi comunque una serie di dati di scavo e le prospezioni topografiche effettuate nel tratto di costa compreso tra la foce del fiume Gela e il Gattano permettono di ipotizzare almeno la presenza di due luoghi di approdo.
In età arcaica l'approdo doveva trovarsi nel tratto di costa ad ovest del fiume Gela; infatti, a Bosco Littorio, ai piedi della collina sulla quale era sorta l'acropoli della città greca, le ricerche archeologiche hanno riportato alla luce i resti di un insediamento abitativo con ambienti in mattoni crudi, spesso conservati fino all'imposta delle travi di copertura.
L'impianto nella sua organizzazione ricalca lo schema urbanistico della città antica, con ambienti orientati Est-Ovest.
La vicinanza dell'insediamento alla fascia costiera e il materiale ritrovato suggeriscono la sua identificazione con un emporium, in uso tra il VII e il V sec. a.C..
L'ipotesi di localizzazione dell'approdo di età arcaica e classica proprio in questo punto della costa è avvalorata dalla scoperta della nave greca, che è stata ritrovata proprio nel tratto di mare ad esso antistante, e che praticando la navigazione di cabotaggio affondò forse per le cattive condizioni meteomarine.
La vicinanza del Gela favoriva anche la diffusione dei prodotti commerciali nell'entroterra.
I materiali ritrovati nella nave greca, quali i vasi attici a vernice nera, a figure nere o rosse (oinochoai trilobate, askoi, piatti, skyphoi, ciotoline), le arulette e le anfore da trasporto, di tipo chiota, massaliota, samio, attico, corinzio, lesbio, attestano che Gela era al centro delle rotte e commerciava con altre importanti e grandi città del bacino del Mediterraneo rivestendo un ruolo di primo piano nell'ambito dei traffici marittimi.
La città poteva esportare prodotti cerealicoli e legumi, che costituivano la fonte primaria della sua economia e del suo territorio.
Oggi l'innalzamento del livello del mare e le variazioni batimetriche della costa non consentono di localizzare e ricostruire esattamente l'approdo antico.
Certo è comunque che anche in età romana repubblicana ed imperiale un approdo doveva esistere proprio in questo tratto di costa dove sorgeva la statio Calvisiana, ricordata nell'Itinerarium Antonini e nella Tabula Peutingeriana, e segnalata come refugium per l'approdo delle imbarcazioni.
Per l'età ellenistica disponiamo di dati più certi; infatti una struttura muraria in blocchi di arenaria, che si protende per circa 100 metri in mare con orientamento NE-SO, è stata individuata più ad est della banchina dell'attuale "Porto Rifugio", ai piedi della collina di Capo Soprano, la quale fu occupata a scopi abitativi agli inizi del IV sec. a.C..
Tale struttura è da identificarsi probabilmente con un molo o con un antemurale.
Il porto della città ellenistica occupava quindi l'area della fascia costiera che corre in senso NO-SE, nella zona che tutt'oggi viene ancora denominata "Caricatore". |
Nel 1984, durante i lavori per la realizzazione di una strada nell'area dell'ex scalo ferroviario, sono venuti alla luce i resti di un santuario, dedicato alle divinità ctonie, e di un complesso abitativo del IV sec. a.C. con alcuni stenopoi (strade).
Nel 1956 la zona fu interessata da un'importante scoperta, in particolare fu proprio qui che venne alla luce l ' importantissimo tesoro di monete che provenivano da offerte alla divinità del santuario, raccolte in un vaso e sepolte tra il 490 e il 480 a .C.
L ' area archeologica dell ' ex scalo prossimamente sarà recuperata e resa fruibile.
Testo di Nuccio Mulè tratto dalla pubblicazione "Conoscere Gela" |
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